Due donne, l’una il frammento incompleto dell’altra. Uno spazio angusto per
raccontare l’angoscia di un amore che si impone per farsi accettare. La distruzione di
sé, tanto da arrivare ad essere un corpo senz’anima ed un’anima che non ha più corpo.
Ed una musica che è frastuono, sottofondo, ma, soprattutto, voce delle lusinghe del
maschio, della sua brutalità, del suo egoismo mascherato da amore.
Due attrici dentro lo stesso personaggio diviso nel sentire e nel vivere. La donna
immobile e serena sul trono/gabbia che racconta la favola della sua illusione e
l’anima/passione creatrice che le danza intorno, a tratti con rabbia, per rivelarle la
realtà.
Si racconta di un’attesa, di un mondo di solitudine che si espande tanto da diventare
un percorso, accidentato, doloroso e rinnegato, che conduce all’accettazione di sé, dei
propri desideri, delle proprie passioni. La riscoperta della propria sfaccettata e
incontrollabile identità. Ma quanto dolore, quanta solitudine, quanta forza ci vuole,
per ritornare a se stessi?